Un #ad segnala la pubblicità occulta
La notizia di questi giorni è che la fashion blogger Chiara Ferragni, abbia dichiarato di aver usato pubblicità occulta, usando il “product placement” su web e social.
Facciamo luce su tutta la vicenda.
Il product placement è una forma di comunicazione commerciale che consiste nell’inserire o nel fare riferimento ad un prodotto (ad un servizio o ad un marchio) all’interno di un contenuto narrativo già precedentemente architettato, quale può essere ad esempio un film cinematografico, un programma televisivo ecc.
Tutti inconsapevolmente ne siamo vittima, un esempio è quello tra Audi e Marvel, l’alta frequenza della presenza del marchio nella storia è talmente forte che l’azienda ha deciso di incentrare l’intera campagna di marketing sul lancio del film: Captain America Civil War
Molte aziende, soprattutto quelle appartenenti al mondo della moda, del beauty e degli accessori, rendendosi conto che i mezzi classici di comunicazione funzionano sempre meno, preferiscono investire buona parte del proprio budget sulla comunicazione online, pagando i cosiddetti influencer, ovvero personaggi “celebri” del web, facendogli indossare o immortalandoli con i loro prodotti in uno dei loro tanti post sui social. Il più delle volte questo non è segnalato come pubblicità. Un esempio fra tanti è la nota fashion blogger Chiara Ferragni, la prima web influencer approfitta dei benefit economici della pubblicità occulta, avendo avuto la fortuna di essere al posto giusto al momento giusto prima di ogni altro.
Infatti lei stessa ha dichiarato di aver fatto accordi con aziende e brand, studiando perfettamente ogni suo scatto di vita quotidiana per poi pubblicarlo sui suoi social, aggiungendo ultimamente anche l’hastag #ad che sta per “advertising” su quasi tutti i suoi post di Instagram, diventando così in prima persona un “media pubblicitario“.
Tutto ciò funziona perché non esiste una vera e propria legislazione fiscale che limiti questo tipo di pubblicità. Questo ovviamente mette in allarme tutti quegli apparati che si muovono con approccio didascalico in difesa delle regole e del consumatore finale, che in ogni caso sa benissimo come funzionano le cose.
Da qui prende piede la bufera dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (Iap) che promette di intervenire nelle prossime vicende di questa natura, affermando che “il fine promozionale del commento o dell’opinione espressa da celebrity/influencer/blogger, qualora non sia già chiaramente riconoscibile dal contesto, deve essere reso noto all’utente con mezzi idonei”, ovvero l’obbligo di citare nei post delle nuove celebrities il nome del brand che si sta pubblicizzando, informando così l’utente-consumatore che si sta facendo puro advertising.
Insomma, il provvedimento è sicuramente utile in termini di rendiconto – soprattutto fiscale – degli investimenti pubblicitari sulla rete,e soprattutto perchè se l’ obiettivo è quello di proteggere l’utente dalla pubblicità occulta, sappiate che è una battaglia sostanzialmente inutile, perché il consumatore (specialmente quello più giovane) è decisamente più sveglio ed informato delle istituzioni che cercano di “metterlo in guardia”.
Grazie a Fiamma Puca per questo articolo, guest blogger per l’occasione, e mia alunna durante il Master in Web Marketing edizione di Napoli di SIDA Group.